Le visite dei pontefici

Il regista spiega perché ha scelto di far rivivere sugli schermi questa figura del Cinquecento
“Menocchio” è un affresco iper-reale di un tempo lontano, il 1500. Facendolo pulsare nella maniera più autentica, anche attraverso la scelta di coinvolgere attori esordienti presi dalla strada, il regista Alberto Fasulo racconta dell’eretico mugnaio friulano Domenico Scandella, detto Menocchio, pescando a piene mani negli atti del processo depositati nell’archivio vescovile di Udine.
Alberto, chi era Menocchio?
«Un eretico che nel 1584 decise di ribellarsi, nonostante le suppliche di amici e familiari, per difendere il proprio diritto ad avere delle idee contrarie al potere costituito. Menocchio era un uomo semplice, dalla mente forte, che professò alla maniera di Francesco d’Assisi la povertà della chiesa, sperando nel suo intimo di poterla riconvertire a un ideale di umiltà e amore».
Perché hai scelto di svelare una figura così?
«Perché nel disordinato momento che stiamo vivendo c’è molta confusione ideologica. Menocchio aveva una libertà di pensiero talmente elevata da professare l’importanza delle opinioni proprie, non imposte da altri. Mi sembrava legittimo raccontarlo perché credo sia fondamentale che ognuno recuperi il senso della propria intelligenza».
E non mancano i paragoni.
«Molti riconoscono in lui una figura cristianologica, perché nel momento in cui uno difende i poveri e va contro il potere viene irrimediabile associato a Cristo o a Francesco d’Assisi. Menocchio, però, non era un religioso. Aveva un rapporto diretto con Dio, e difendeva questa autonomia rifiutando ogni intermediario».
Oggi chi potrebbe incarnare la forza di Menocchio?
«Chiunque scelga di non abbassare lo sguardo davanti al potere in ogni sua forma. Penso a Carola Rackete, ma anche a Papa Francesco e a Greta Thunberg. Menocchio è una metafora, e come tale più rappresentare tutti coloro che si guardano intorno, con curiosità, cercando disperatamente una propria visione da difendere. Non mi piace dare una lettura univoca del film, ma aprire un dibattito sull’etica dell’individuo in quanto parte di una comunità sempre più schiacciata dal potere. È questo il senso autentico del mio film».
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